Giovanna Spanu - Piccola Comunità Apostolica

Testimonianze


C'era la Gio...


"Scendo subito!".
Una mano, un viso che si sporge appena dalla finestra, un'apparizione fugace e sorridente.
Come al solito. Era sempre sorridente. Impensabile immaginarla diversa.
"Scendo subito!".

C'era stato il tempo però per risponderle: "No! Salgo io!".
Le scale... La porta aperta. Aperta non solo perché aspettava me, ma perché la era sempre. Per tutti, per ciascuno. "Ma non hai paura?" "E se entrasse un malintenzionato?". Obiezioni ragionevoli, ma che non la scalfivano. C'era così poco di ragionevole in quella casa. Casa? Una soffitta, per essere precisi. Un ingressino, con un tavolino basso su cui troneggiava un vaso pieno di spighe. Spighe che sapevano di sole, di semplicità (cosa c'è di più semplice del pane?), ma anche di fecondità, di maternità generosa, incondizionata, a volte cieca per troppo amore. A sinistra una cucina semplice, ma non austera, che rivelava il tocco di una mano femminile, esperta in pulizia ed accoglienza. A destra la camera da letto, poi una stanzetta tirata a lucido e spesso chiusa, come ogni "salotto buono" che si rispetti e, per finire, un bagnetto col soffitto così basso che al mattino, nel togliersi la camicia da notte, si rischiava di sbatterci contro con le mani. Tutto qui. Da un anno la sua abitazione.

Stava finendo di prepararsi. Prepararsi per lei non significava mai "buttarsi addosso qualcosa per uscire". C'era sempre un "che" di accurato, un foulard, una sciarpa o anche un semplice tocco al colletto o al risvolto delle maniche che rendeva elegante la sua semplicità.

Entrai in camera: due letti, uno di fianco all'altro.
"Dov'è che dormi tu?" le chiesi. "In questo". Mi indicò quello più vicino alla porta. Mi diressi verso l'altro e mi ci sedetti sopra. "E' un po' molle, mi ci dovrò abituare". Il suo sguardo fu per un attimo un misto di stupore e di luce. "Gio... ma tu... non volevi una sorella?". Un abbraccio silenzioso.

Non so come si sentiva lei, io molto stupida. "Ma non c'era un altro modo per dirglielo?". Un pensiero, ma meno della durata di un lampo.
Pochi giorni dopo la mia "dichiarazione", mi ero trasferita in Via S. Eurosia per un fine settimana.

Con lei scoprivo a poco a poco un mondo inimmaginabile prima. Nella soffitta, altre erano le leggi in vigore, altri i pensieri, altri i sentimenti, altra la logica. Tutto era totalmente altro: da lassù si contemplava davvero il cielo. "Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro". (Mt. 18,20). Ecco il vero motivo per cui avremmo abitato insieme: per rendere presente Gesù in mezzo a noi. Lui sarebbe stato lo Sposo, l'Amato, il Padrone di Casa.

Uscii di casa il 14 maggio 1983: la Gio mi venne a prendere con la macchina di suo padre, un'Opel bianca, come bianco è il colore delle spose. Prima di uscire dall'appartamento dove avevo abitato per ventun anni, mi invitò ad inginocchiarmi con lei e, insieme, baciammo la terra.



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