ESPERIENZE IN DIOCESI
LA PICCOLA COMUNITA' APOSTOLICA
Una "famiglia spirituale" allo Spirito Santo
Una trentina di persone, diverse per età, stato di vita, professione, unite dal desiderio di vivere, all'interno di una comunità parrocchiale (quella dello Spirito Santo), il comandamento che Gesù definisce "nuovo": "Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi": sono la Piccola Comunità Apostolica. Il primo ad usare questo nome era stato il cardinale Tonini ad un incontro con i sacerdoti. Alla domanda: «Da chi partire per evangelizzare?», uno dei presenti aveva risposto: «Io partirei da chi ci sta...». E il cardinale: «Magari si potesse formare in ogni parrocchia una piccola comunità apostolica!». A condividere quell'idea era stato don Bruno Folezzani. Perché? Felino, 1954. Don Bruno, fresco di ordinazione, è un semplice "curato di campagna". Su un foglio ciclostilato legge una meditazione di Chiara Lubich, "Una città non basta": Se vuoi conquistare una città all'amore di Cristo, fa' i tuoi calcoli. Prenditi degli amici che abbiano i tuoi sentimenti... Poi statuisci con essi un patto...". È il germe di un sogno che don Bruno inizia a coltivare: a Felino, a Coloreto, finché nel 1968 viene destinato alla zona di Parma "nuova periferia". «Non c'è niente — gli dice monsignor Pasini — dovrai pensarci tu». Un dedalo di vie, palazzi in costruzione e, al posto della chiesa, un prato. Ma, prima della chiesa di mattoni, don Bruno si sente chiamato a costruire una comunità di cuori. E a chi lo aiuta a scaricare i libri dalla macchina propone: «Avrei una cosa da dirti: passi da me nel pomeriggio? ». Il ragazzotto si presenta e si sente chiedere: «Vuoi amare con me Gesù e farlo molto amare?». La risposta è sì. Dopo di lui, altri si stringono attorno a don Bruno per dar vita ad una vera e propria famiglia spirituale. Alcuni sono semplici adolescenti che, proprio negli anni della contestazione giovanile, aderiscono con entusiasmo alla rivoluzione del Vangelo. Colpita dall'esempio dei suoi coetanei — «Vedevo giovani felici», dirà più tardi — Giovanna Spanu inizia a gravitare attorno all'area parrocchiale. Due cose la affascinano: l'esperienza di comunità e... uno dei giovani che quell'esperienza la vive. Detto, fatto: della comunità entra a far parte e con il giovane si fidanza. Ma quel Gesù che ha imparato a conoscere la attira sempre di più. Il 14 maggio 1977, chiudendosi alle spalle la porta dello studio di don Bruno, Giovanna è consapevole di avere in realtà chiuso una parentesi della sua vita per aprirne un'altra: «Sento che Gesù mi chiama ad essere tutta sua». Ha scoperto di avere gli stessi sentimenti di Gesù, di essere depositaria di quello stesso carisma: formare, nella comunità parrocchiale, una famiglia spirituale di anime consacrate all'unità col sacerdote pastore e tra loro. Con estrema semplicità: «Non dico di no ad uomo, dico di sì a Gesù...». Come ogni sposa, lascia la casa dei genitori. Si trasferisce in una soffitta, messa a disposizione da un fratello della Piccola Comunità. Comincia così la sua avventura di maternità spirituale: non c'è povertà, materiale, morale o spirituale di fronte alla quale lei indietreggi. La porta della sua casa è aperta, sempre. Ma la maggior parte della giornata la trascorre in parrocchia: anima la liturgia, segue le comunità giovanili, pulisce la chiesa. Sembra non accorgersi che la gioia della sua donazione è contagiosa e sarà la prima a stupirsi quando, a poca distanza l'una dall'altra, alcune ragazze bussano alla porta di casa sua per manifestarle il loro programma di vita: «Voglio fare come te». Senza troppe strutture, senza programmi studiati a tavolino, questa spiritualità prende piede. Nel 1984 Giovanna partecipa ad un corso di esercizi spirituali a Marola (RE) e parla al predicatore, il gesuita padre Vanzan: sa di presentargli un'esperienza nuova che attende di trovare all'interno della Chiesa ufficiale la sua collocazione. «Andate avanti, questa è una vera e propria vocazione». La "profezia" si realizzerà il 31 maggio 2005 quando monsignor Bonicelli riconoscerà la Piccola Comunità Apostolica come associazione privata di fedeli. Per questa vocazione Giovanna è stata pronta ad offrire tutto. Il 9 agosto 1999 alcuni esami clinici rivelano la presenza di un tumore maligno diffuso: «Non ho paura di morire perché si realizza lo scopo della vita: sposare Gesù...». Il 23 luglio 2003 Giovanna conclude il suo cammino terreno: «Vorrei passare il mio cielo sulla terra, accanto ai sacerdoti, per far venire loro il desiderio di una piccola comunità. Dite a tutti che io sono felice, felice, felice...».
Ilaria Mazzoli