A cinque anni dalla morte della fondatrice della Piccola Comunità Apostolica
Dolce, determinata, semplice: Giovanna
Messa e testimonianze per ricordare la vita della Spanu
In occasione del suo compleanno, e a cinque anni dalla morte, martedì sera, nella chiesa dello Spirito Santo, è stata celebrata l'Eucaristia in memoria di Giovanna Spanu, fondatrice e prima responsabile della Piccola comunità apostolica, associazione privata di fedeli approvata dal vescovo di Parma nel 2005. Al termine della Messa, davanti ad un'assemblea numerosa e partecipe, sono state comunicate alcune testimonianze di diverse persone, giovani del gruppo che lei seguiva e ora sposi e genitori, ex colleghi fisioterapisti dello Stuard, membri della comunità, fino alla dottoressa che l'ha seguita negli anni della malattia: persone che, in modi e in tempi diversi, hanno conosciuto e condiviso un pezzo di strada con Giovanna. E che non sono rimasti indifferenti al suo passaggio, talvolta breve, altre volte più duraturo, ma sempre significativo e fecondo.
All'inizio sono state presentate le tappe della sua vocazione: dal fidanzamento alla scoperta della sua missione e del suo ruolo di donna accanto ai pastori, ai presbiteri, sull'esempio di Maria di Nazareth, fino al tempo della malattia, vissuta nell'amore e nell'abbandono alla volontà di Dio Padre.
Di Giovanna sono stati ripercorsi i tratti della sua fede, paragonata al granello di senape del vangelo, piccolo ma forte e perciò capace di spostare le montagne; i tratti della sua umanità: dolce e tenera, ma determinata e intransigente nelle cose che riguardavano Gesù, quasi insistente nel farlo conoscere, e nello stesso tempo accogliente: sapeva rendere ogni persona speciale e unica; sempre attenta a farsi presente nella vita degli altri, a cui augurava con un sorriso, che è rimasto impresso in tutti coloro che l'hanno avvicinata, un "buon tutto" e a cui non faceva mancare il suo grazie.
Giovanna, nella sua semplicità straordinaria, ha testimoniato la bellezza e l'attrattiva di una esistenza che si lascia toccare e trasformare dall'Amore di Dio ed è diventata perciò un sì, a Dio, al prossimo, alla vita. Come lei e, insieme a lei, tanti fratelli e sorelle, magari anonimi e sconosciuti ai più, forse rimasti scolpiti solo nella memoria e nell'affetto di coloro che hanno avuto la gioia di conoscerli, ma che a mo' di lievito hanno fermentato e continuano a fermentare la nostra terra, le nostre comunità, con lievito nuovo, di sapore gustoso. E che ci parlano di una santità possibile, perché non legata ad opere eroiche o a meriti particolari, ma frutto di un Amore che ci precede, ci abita e trasforma anche le nostre fragilità, impreziosendo il nostro quotidiano.
Maria Cecilia Scaffardi